Entrando in casa di Lucia Poli, è la prima cosa che rapisce lo sguardo: i colori. Il rosso, il giallo, il blu sono quelli dei bozzetti di Lele Luzzati realizzati per gli spettacoli di Paolo Poli, scomparso a 86 anni poco più di un anno e mezzo fa, il 25 marzo del 2016.
Paolo l’amabile, Paolo il birbaccione, Paolo il genio, Paolo l’istrione… e potremmo continuare con altri 500 aggettivi circa fino alla lettera Z, come suggeriscono le parole scritte sui monitor delle vecchie tv accatastate nella mostra Paolo Poli è…, dal 22 ottobre al 6 gennaio nel foyer del Maggio musicale fiorentino, un percorso lungo i sessant’anni di carriera teatrale, a cura del compositore Andrea Farri, figlio di Lucia, e del critico teatrale Rodolfo Di Giammarco (in collaborazione con Mibact, Comune di Firenze, Maggio musicale fiorentino). Sarà una specie di album da sfogliare, fatto di fotografie quasi tutte inedite, locandine, spezzoni di spettacoli e interviste, bozzetti di scena e di abiti.
“Ci piaceva l’idea di una mostra che mettesse in primo piano il corpo di Paolo, ecco perché ci saranno soprattutto i video”, spiega Lucia Poli, che con lui condivideva il grande amore per il teatro. “Sono 11 anni più giovane – continua – e quando ero bambina mi affascinava questo fratello così divertente e fantasioso, che mi raccontava dei film e mi portava a vedere i primi spettacoli. Lui mi tagliava i capelli, mi faceva i ritratti, mi vestiva con abiti scozzesi. Sono vissuta in una famiglia numerosa, eravamo 5 figli ed io ero la più piccola. Con Paolo crescendo ho maturato gli stessi interessi. Prima l’insegnamento, poi il teatro. E pensare che all’inizio non volevo seguire le sue orme. Poi ho cominciato a collaborare con la Rai e a frequentare Roma, che all’epoca trovavo una città molto viva e interessante. Ho conosciuto Pasolini, Moravia, Laura Betti. E ad un certo punto Paolo mi ha chiesto di lavorare insieme. All’inizio ho avuto paura, ero dubbiosa, sentivo il peso del confronto. Lui era molto più esperto, quindi inizialmente è stato difficile, ma con il tempo ho capito che il confronto doveva essere solo con me stessa. Ognuno di noi ha maturato un suo percorso. Lui aveva una personalità forte ed ha inventato un stile unico e irripetibile”.
E proprio quel suo stile “unico ed irripetibile” rivivrà nella mostra che ripercorre 40 spettacoli, da Il mondo d’acqua a Sei Brillanti, da Rita da Cascia a Magnificat. “Ho riordinato e restaurato circa 500 fotografie di scena dell’archivio personale di mio zio” ci racconta Andrea Farri. Gli abiti e le scene, invece, sono ancora conservati in un magazzino, “tranne due-tre grandi scenografie realizzate da Lele Luzzati e Lorenzo Tornabuoni che caleranno dall’alto nel foyer”, aggiunge.
“Ho capito subito che nella vita avrei fatto un lavoro artigianale, in modo da usare non solo l’intelletto, ma anche il corpo”, racconta Paolo in un’intervista. E ci sembrerà di rivederlo quel corpo, spesso en travesti. Era bellissimo, “ma di una bellezza effeminata, ecco perché ha fatto poco cinema – ricorda la sorella – negli anni Cinquanta andava di moda l’uomo macho, lui al massimo avrebbe potuto fare un pretino”. Quando Fellini gli offrì una parte in 8 1/2 però la rifiutò, “gli impegni teatrali erano troppi”. Dopo i primi successi non si è più fermato, la sua vena poetica e surreale ha fatto innamorare il pubblico, che se vorrà potrà riascoltarlo nel video inedito tratto dal recital Mezzacoda. Risuonerà per tutto il foyer, mente la sua immagine gigante se la riderà dall’alto.
(Il Venerdì di Repubblica, 27 ottobre 2017)