Tira una brutta aria di censura

Ci risiamo. L’arte è ancora una volta sotto attacco: Forza Nuova che grida all’orrore per uno spettacolo che parla di identità di genere; associazioni di estrema destra e gruppi cattolici che ancora si scandalizzano perché si osa parlare di omosessualità ai ragazzini; fascisti che sbraitano contro rapper che cantano la vita “comoda” del profugo (facendo in realtà il suo gioco: regalargli tanta tanta visibilità). Il punto è: ma che diamine di Paese siamo se Lega Nord, Azione Frontale, Generazione Famiglia lanciano una petizione che viene firmata da 80mila persone per impedire che vada in scena uno spettacolo teatrale come Fa’afafine. Mi chiamo Alex e sono un dinosauro (di Giuliano Scarpinato), una favola poetica e delicata che racconta soprattutto la storia di una crescita?
Sono le domande ad essere sbagliate. E spesso, purtroppo, sono anche i genitori a porle. Perché le recenti polemiche contro il lavoro di Scarpinato – peraltro patrocinato da Amnesty International e vincitore del Premio Scenario 2014 – o contro un altro spettacolo, Bent, sul tema dell’omosessualità, in programma proprio oggi presso il Teatro Verdi di Pisa per un pubblico di scolaresche medie superiori, si stanno allargando a macchia di leopardo in tutta Italia: San Pietro In Casale (Bologna) e Avellino, Rimini e Vicenza, Bolzano e Pistoia. Scandaloso non è parlare ai ragazzini di gender, omosessualità, diversità o scrivere in un titolo “fa’afafine” anziché “leone” o “elefante”. Scandaloso è che qualcuno si permetta di parlare senza aver neanche mai visto lo spettacolo. Scandaloso è strumentalizzare l’arte. Scandaloso è che in molte scuole il teatro in generale non sappiano neanche cosa sia. Scandaloso è che certi spettacoli pensati per i più piccoli siano sciatti o addirittura brutti.
Ma Fa’afafine. Mi chiamo Alex e sono un dinosauro, invece, è uno spettacolo bello. Infatti, sta circolando anche un’altra petizione, lanciata su you.allout.org, che invece invita a sostenerlo e chiede alla ministra Fedeli di opporsi alle minacce e difendere la libertà d’espressione.
In rete ci sono spezzoni delle spettacolo che possono aiutare a rendere l’idea di cosa stiamo parlando. Il regista è a partito da una parola (fa’afafine) che nella lingua di Samoa indica quei bambini che non amano identificarsi in un sesso o nell’altro, e che godono di considerazione e rispetto. Il protagonista, Alex (Michele Degirolamo), non vive a Samoa, ma vorrebbe anche lui essere un “fa’afafine”, un “gender creative child”, un bambino-bambina. A volte può essere difficile trovare il coraggio di essere fino in fondo se stessi. E questa è soprattutto una storia di coraggio, che non si schiera, ma racconta.
Come Bent, che ci parla di ciò che accadde durante il nazismo a danno degli omosessuali. «Non ci sono vittime di serie A e di serie B – spiega il direttore artistico del Teatro Verdi di Pisa, Silvano Patacca – . Per ricordare che le grandi tragedie nascono con piccoli gesti di sopraffazione da non sottovalutare mai, perché spesso sono proprio quelli, a gettare il seme per un odio montante verso questa o quella categoria di persone». La curatrice del progetto, Micaela Frulli, invita ovviamente i genitori che hanno contestato Bent (da un testo di Martin Sherman con la regia di Lorenzo Tarocchi) ad andate in teatro, oggi alle 10.
Ma il teatro, si sa, ultimamente è sta spesso oggetto di attacchi pesanti: pensiamo a quello che è accaduto pochi mesi fa al Terni Festival (la performance di coppia dei danzatori Florentina Holzinger e Vincent Riebeeksotto è finita nel mirino di Forza Italia per alcune scene di sesso) o al Festival di Santarcangelo un paio di anni fa (per la performance di un artista che orinava in pubblico, considerata “scandalosa” da un esponente di Forza Italia), oppure ad Angelica Liddell a Vicenza (in quel caso ci furono “preghiere riparatrici” per la sua Prima lettera di San Paolo ai Corinzi).
E del rapper che canta «sono nero e non pago l’affitto», «noi vogliamo le fighe bianche» ecc..? Ne vogliamo parlare? Bello Figo, sì proprio lui. Diciamo la verità, prima che Alessandra Mussolini si scagliasse contro di lui in tv chi lo conosceva? Sì, certo, ci sono tutte quelle visualizzazioni in rete. È chiaro che in questo caso siamo di fronte ad una provocazione, e forse ad un piano studiato a tavolino. Un po’ come è accaduto sul web con il personaggio di Martina dell’Ombra, che dispensava opinioni banali su ogni cosa e che poi si è scoperto essere un’attrice, Federica Cacciola. Ma gli attacchi di Forza Nuova a Bello Figo a chi giovano? A cosa servono? L’altro ieri uno striscione è stato attaccato vicino al locale romano che il 4 febbraio dovrà ospitare l’esibizione del rapper ghanese già costretto a cancellare date: «Bello Figo Roma non ti vuole». Azione frontale è pronta a picchettare l’entrata del locale. Tira proprio una brutta aria, di censura.

(l’Unità 26/01/2017)

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